Segnalazioni bibliografiche*


Premessa introduttiva

In questo numero, attraverso due articoli di notevole interesse, abbiamo scelto di soffermarci a trattare il tema della varianza di genere, di grande attualità e allo stesso tempo generatore di confusione e pregiudizi. La questione delle persone le cui caratteristiche non sono inquadrabili nella logica binaria maschio/femmina non nasce nei nostri tempi, anzi ha radici antiche e transculturali. Basti pensare al concetto di “femminiello” così radicato nella nostra cultura, o di Two spirit dei nativi americani o di burrnesh, le “vergini giurate” dei Paesi balcanici, che ci richiamano al pericolo di utilizzare una scorciatoia razionale, che annulli l’angoscia – forse questa molto più moderna – sollevata da ciò che non può essere catalogato, definito, segregato, semplificandolo in categorie che rischiano di annullarne le caratteristiche evolutive e schiacciarne le necessarie determinanti spazio-temporali. Aspetti, questi, trattati, seppur con ottiche molto differenti, in entrambi i lavori segnalati. Il primo, quello della Watson, attraversa il tema con uno sguardo lacaniano. Tra gli altri complessi spunti di riflessione, richiama al rischio di utilizzare il concetto di autenticità di genere come ulteriore strumento per intrappolare l’argomento nella logica binaria di autentico/non autentico e dentro/ fuori, escludendo il rispecchiamento che è all’origine dell’Essere e la preziosa fluidità dell’interscambio tra mondo interno e mondo esterno. Quello di Ehrensaft è un originale lavoro di ricerca che, rilevando la particolare vulnerabilità psichica e il rischio


*Rubrica a cura di: F. Gigli (coordinatrice), M. Carboni, S. Cimino, L. De Rosa, A. Flori, V. Garms.

psicopatologico dei giovani transgender/non binary, attraverso l’ottica psicoanalitica rilegge le opportunità o i pericoli con i quali essi si sono confrontati durante il periodo della pandemia. I concetti winnicottiani di vero sé e di rispecchiamento consentono all’autrice un’interessante analisi della realtà di questi ragazzi, che sembra essere stata possibile proprio grazie alle caratteristiche peculiari dell’isolamento richieste dall’epoca pandemica. 

Un punto chiave in entrambi i lavori possiamo forse ravvisarlo nel rischio di invisibilità, o addirittura cancellazione, cui sono esposte le persone non binarie dalla visione binaria di genere. Certamente la psicoanalisi è sempre più al centro di una sfida complessa, che non consente di racchiudere, o rinchiudere, solo all’interno dello spazio analitico una questione che è di natura collettiva. In un momento storico in cui le posizioni ideologiche e le manipolazioni politiche orientano e condizionano drammaticamente il mondo sanitario, è senz’altro necessario individuare con maggiore chiarezza a quante responsabilità siamo chiamati nel nostro lavoro su una tematica che non permette affrancamenti dal contesto in cui si vive e dalle sue ideologie e che, oltre alle personali sensibilità, espone e coinvolge profondamente anche le nostre identità.

Flora Gigli


Watson E (2022).                    

Gender transitioning and variance

in children and adolescents: some temporal

and ethical considerations

The Psychoanalytic Study of the Child, 75, 1, 184-151.

In questo breve scritto, Eve Watson affronta secondo un’ottica lacaniana il tema dell’approccio psicoanalitico alla multiforme espressione con cui la ‘varianza di genere’ si presenta in bambini ed adolescenti nella nostra epoca.

In età evolutiva, il percorso verso l’individuazione, in senso lato, si intreccia con le dinamiche relative all’identità di genere, che possono diventare più mobili ed incerte in presenza di esperienze di perdita, processi di intenso cambiamento o conflitti profondi; vicende emotive così frequenti, se non paradigmatiche, in queste fasi della vita.

L’approccio psicoanalitico si propone un approccio empatico alla varianza di genere. Viene richiamato il modello lacaniano di sviluppo dell’identità, della formazione del senso di sé, attraverso un processo di rispecchiamento che ha luogo nella prima infanzia e conduce alla formazione di una forma ideale dell’Io, a partire dall’immagine dell’Altro: il nostro senso di sé, secondo questa lettura, ha quindi una qualità alienante, che ci porta a volgerci all’esterno per sostenere il senso dell’identità nascente. 

Nell’epoca odierna, i processi che a livello macroscopico fondano questo grande Altro si sono modificati, con il declino della concezione binaria tradizionale del genere maschile/ femminile e lo sviluppo di nuove categorie, quali il genere neutro, non binario, variante o transgender.

I bambini e gli adolescenti compiono il loro percorso di crescita all’interno di questi cambiamenti. Per alcuni di loro, le nuove categorie del genere indicano un’assunzione di identità, un punto di arrivo verso una destinazione anticipata da tempo; per altri, rappresentano un’attesa, una pausa nel loro viaggio verso l’individuazione.

Di frequente le storie cliniche di bambini e adolescenti con varianza di genere raccontano di anni di angoscia, sofferenza e pregiudizio. Nella nostra epoca, in cui l’evitamento dell’angoscia e la gratificazione istantanea rappresentano una diffusa aspirazione, può essere difficile accettare l’attesa di un lasso temporale non determinato per la definizione del genere – un tempo dedicato alla ricerca della verità personale, all’interno di un processo dialettico condotto con la necessaria neutralità – quale viene proposta all’interno del lavoro psicoterapeutico. Questo è inteso dalla Watson, in senso lacaniano, come un processo dialettico che presuppone la storicizzazione delle esperienze, la valutazione dell’impatto di ideali, conflitti e fissazioni sul desiderio del soggetto in analisi. Qui l’autrice riflette su come il desiderio del soggetto sia intrinsecamente correlato al ‘desiderio dell’Altro’, nell’esperienza primaria significativa, e come lo strumento per superare le ripetizioni inconsce, le censure e le resistenze, nella psicoanalisi lacaniana, sia il linguaggio, che nella dialettica transferale e attraverso l’interpretazione consente al soggetto di accostarsi alla verità del proprio desiderio.

In tal modo, riflette la Watson, la psicoanalisi si differenzia da altri orientamenti clinici che pongono in primo piano la necessità di dare una risposta affermativa e definita alla questione del genere. Ricorda, tra questi, il modello evolutivo per l’identità di genere, che presuppone che l’identità di genere si definisca nei primi anni di vita; l’approccio della “attesa vigile” (watching waiting), più vicina all’approccio psicoanalitico nel concedere tempo per elaborare questioni chiave, ma comunque fondata sul valutare la persona nel periodo di attesa all’interno di modelli di genere standardizzati; e il modello affermativo dell’identità di genere. Secondo l’autrice, vi è il rischio che gli approcci di tipo affermativo alla questione del genere, sostenendo l’esistenza di un genere ‘autentico’, possano segregare il mondo interno ‘autentico’ da quello esterno descritto come ‘non autentico’, creando un’opposizione binaria che tagli fuori l’intersezione e il gioco reciproco fra le due realtà, quella del Sé e quella dell’altro; ignorando, così, che all’origine dell’Essere vi è il rispecchiamento nel desiderio e nell’immagine dell’altro, e che l’interscambio fra i mondi interno ed esterno ci consente di sfuggire al rischio di venire imprigionati esclusivamente nell’uno o nell’altro. Un altro rischio che l’autrice indica è quello di vagheggiare l’illusione della riconciliazione definita tra mente e corpo in tutte le forme di identità.

Nell’ampia proposta di letture e riflessioni sul tema della varianza di genere, questo lavoro rappresenta un’occasione di riflessione ed un tentativo di definizione della specificità dell’approccio psicoanalitico in questo campo d’indagine e di cura. Si può sottolineare l’utilità del richiamo alla necessità di ‘tempo’, individuato in quello dell’infanzia e dell’adolescenza, per la conoscenza di se stessi, e di un ascolto empatico alla varianza di genere. Ulteriori spunti di riflessioni sono rappresentati dal segnalare i rischi di un ‘imprigionamento’ del soggetto in concezioni affermative che rischiano di promuovere comunque l’adesione a standardizzazioni generalizzate, che, se mirano a sollevare il soggetto da situazioni di angoscia, in alcuni casi possono allontanarlo dallo sperimentare in modo personale l’instabilità della sessualità che è propria di queste età della vita. Sembra tuttavia che questa lettura non esaurisca la complessità del tema, anche negli aspetti etici che si propone di affrontare, aspetti così strettamente intrecciati con determinanti sovrapersonali che condizionano la traiettoria personale dei soggetti, nelle varie fasi della crescita. Su tali tematiche, e su come limitare l’ampia portata di sofferenza connessa alle diverse forme di ‘varianza di genere’ in età evolutiva, il dibattito resta necessariamente aperto.

Laura De Rosa


Ehrensaft D (2023).                    

A look at Covid-19 and transgender youth

through a psychoanalytic lens.

Psychoanalytic Psychology,    

http://dx.doi.org/10.1037/pap0000428

All’inizio della pandemia da Covid-19 è stato possibile rilevare un aumento di ansia e depressione fra i bambini e gli adolescenti: un giovane adulto su quattro ha avuto pensieri suicidi. È quanto emerge dalle ricerche dei centri americani di controllo e prevenzione delle malattie. In particolare, il progetto Trevor, con un’accurata indagine condotta su vari gruppi di giovani di diverse razze, identità sessuali e di genere, evidenzia che i transgender/non binary sono il gruppo più colpito. Si tratta di un gruppo storicamente emarginato e vulnerabile.

L’autrice, da un vertice di osservazione psicoanalitico, vuole dimostrare che dalla pandemia emerge un quadro più complesso: dal suo lavoro clinico con bambini e adolescenti transgender, si sorprende che per questo gruppo (e per le loro famiglie) il Covid avrebbe rappresentato, allo stesso tempo, la migliore e la peggiore delle situazioni.

I concetti di rispecchiamento e vero sé di Winnicott sono i filtri della lente psicoanalitica utilizzata da Ehrensaft. Per alcuni giovani l’assenza di rispecchiamento relazionale avvenuto con la pandemia ha fornito l’occasione, in un ambiente domestico accogliente, di esplorare e consolidare quello che lei definisce “vero sé di genere”. Ricevere quotidianamente accettazione e sostegno da parte dei genitori riduce lo stress, il disagio e la disforia di genere tra i giovani transgender.

Con il Covid, la distanza dal mondo esterno come fonte di derisione e mortificazione profonda per questi bambini e ragazzi, ben documentata negli ultimi vent’anni, ha facilitato l’opportunità di abbandonare le difese e utilizzare il processo di “creatività di genere” per esplorare, nutrire e articolare in modo sicuro il vero sé di genere, il sé transgender. Incontrare se stessi nell’isolamento, rivolgendosi all’interno, sembrerebbe aver permesso loro di tessere una rete di genere più autentica e vivificante. Infatti, viene riferito anche un miglioramento del rendimento scolastico in assenza di avversità potenzialmente traumatizzanti legate alla scuola.

È invece avvenuto l’opposto per i ragazzi il cui ambiente in casa era ostile e che avevano come unica opportunità il nascondersi. A questo si affiancava la perdita di una comunità scolastica in cui le persone sorridevano invece di accigliarsi quando essi esprimevano il loro essere gender expansive, con la mancanza di coetanei come luogo di complicità, di ascolto e di condivisione del dolore per il rifiuto di genere in famiglia. Il Covid ha messo questi giovani di fronte alla minaccia di una malattia che può uccidere e li ha imprigionati in una casa che può distruggere. Un’altra ferita è rappresentata dalla telecamera delle lezioni online: doversi guardare costantemente durante la giornata senza poter sfuggire allo “specchio” del computer. Non è raro che un giovane che soffre di disforia di genere eviti di guardarsi allo specchio per il forte disagio che sente rispetto alle caratteristiche del proprio corpo, in contrasto con il genere affermato. L’obbligo di mascherina, da questo punto di vista, è stata un’opportunità: nascondendo la maggior parte del volto i ragazzi venivano identificati e chiamati dagli altri (per esempio al supermercato) con i pronomi in cui si identificano.

Per il bambino e l’adolescente transgender è fondamentale essere riconosciuto dagli altri. Quando questo non avviene si generano ansia, disregolazione e disperazione.

L’autrice identifica, in conclusione, quattro gruppi che riflettono queste dinamiche, in rapporto alle ricerche citate all’inizio:

1. giovani separati dalla loro comunità di sostegno fuori casa, che non se la sono cavata bene;

2. giovani sempre separati dalla comunità di sostegno, ma bloccati a casa in un ambiente ostile e rifiutante;

3. giovani liberati da un ambiente oppressivo (scuola) e immersi nel comfort e nella sicurezza della casa;

4. giovani che, indipendentemente dall’ambiente esterno, hanno beneficiato dell’opportunità di ritirarsi dalle relazioni e immergersi profondamente nel proprio sé, senza specchi che deformano anziché riflettere. Questi ultimi si sono meravigliati della quiete che ha permesso loro di ascoltare i messaggi interiori, forse soppressi o annegati da altri messaggi prima dell’inizio del Covid.


I bambini e i giovani transgender non usciranno indenni dalla pandemia, ma questa situazione può essere favorevole e ha la potenzialità di aumentare le persone che, in questo periodo, rimangono vive.

Lucrezia Baldassarre