Introduzione

luisa carbone tirelli

L’AIPPI ha attivamente collaborato dal 2021 allo svolgimento del Corso di Alta Formazione (CAF) sui disturbi delle condotte alimentari in età evolutiva coordinato da Silvia Cimino, e promosso dal Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute, Facoltà di Medicina e Psicologia, Università “La Sapienza” di Roma.1

Gli scritti che presentiamo in questo Focus sono gli elaborati di tutti i componenti del gruppo che si è dedicato nel CAF all’approfondimento dei disturbi delle condotte alimentari nella prima infanzia.

La mia introduzione è un invito alla lettura di questi lavori che vanno tutti considerati, nella loro specificità, come apporto costruttivo allo studio di un tema così rilevante come quello delle difficoltà legate alla nutrizione di un bambino, e mi limiterò a indicarne succintamente i contenuti. Per mio conto cercherò di estrapolare e illustrare alcuni punti salienti a cui gli scritti fanno riferimento, che emergono sia nella lettura del materiale clinico presentato e nei modelli terapeutici che lo illustrano, sia nel considerare il rapporto fecondo tra strumenti osservativi, pratica clinica e ricerca. È dalla relazione tra questi tre elementi che possono aprirsi prospettive future.

Nei lavori clinici i riferimenti principali sono il pensiero kleiniano e post-kleiniano, nei lavori osservativi e di ricerca troviamo altre interessanti estensioni. L’obiettivo comune a tutti è quello di comprendere, con sempre maggiore chiarezza, il ruolo degli scambi relazionali dalla nascita nell’instaurarsi di un disturbo alimentare, e poter proporre interventi clinici di matrice psicoanalitica per i genitori, per la coppia madre-bambino o per l’intero nucleo familiare.

Nel presentare nel Focus i nostri lavori inizieremo dagli scritti che illustrano, attraverso la clinica, i principali modelli di intervento psicoterapeutico che effettuiamo. Abbiamo tenuto conto, nel proporli in sequenza, dell’età dei piccoli pazienti: iniziando da Marta, nel lavoro sulle psicoterapie congiunte di Carbone-Micanzi, che aveva al momento della consultazione diciassette mesi, per proseguire con la psicoterapia di Mario, di due anni e 11 mesi, nel lavoro di De Intinis, e con la psicoterapia di Arianna, quattro anni e mezzo, nello scritto di Carboni. Segue un interessante contributo di Fondi sullo strumento osservativo, che si rivela ancora una volta un importante ponte tra clinica e ricerca, fonte di stimoli sempre nuovi per la comprensione delle esperienze relazionali precoci e delle problematiche alimentari. Gli ultimi due lavori, di Bevilacqua-Cerchiari e Cimino, estendono il tema e aprono a interessanti prospettive di studi futuri. Bevilacqua e Cerchiari si soffermano su ciò che avviene nei primi mille giorni, dal concepimento alla fine del secondo anno di vita di un bambino, estendendo alla fase prenatale l’emergere di sensazioni nel contatto con il corpo materno. Dalle autrici l’alimentazione viene descritta come un’esperienza fondativa, un intreccio precoce tra corpo e psiche, in cui si coordinano maturazione neurofisiologica, esperienza sensoriale, regolazione emotiva e relazione interpersonale. L’interesse delle autrici è anche rivolto allo studio di interventi quando questa traiettoria viene interrotta bruscamente, come nel caso di una nascita prematura, di un ricovero in Terapia Intensiva Neonatale, di un’assenza di contatto precoce tra madre e bambino.

Abbiamo lasciato a conclusione del Focus l’importante contributo teorico-clinico di Cimino. L’autrice riporta alcuni aspetti degli orientamenti principali in campo intersoggettivo, che trovano stimolanti punti di contatto tra le intuizioni nate all’interno della ricerca evolutiva e i classici contributi derivati dalla clinica psicodinamica e psicoanalitica, entrambi infatti sottolineano l’importanza della relazione precoce adulto-bambino come fattore chiave per la comprensione delle basi psicologiche che possono portare verso la strutturazione di una patologia nel campo dell’alimentazione.

La tendenza, forse la necessità, di affiancare alla clinica sulla primissima infanzia la ricerca è un dato significativo che, come viene rilevato negli scritti del Focus, emerge già nella letteratura psicoanalitica dei primi decenni del novecento: abbiamo su ciò riportato anche alcune interessanti note della Klein a conferma di quanto sia stata proprio la prima infanzia a diventare un non facile, controverso, ma anche interessante e fecondo, terreno di sviluppo della psicoanalisi dagli anni venti del novecento.

All’inizio di un secolo ricco di cambiamenti, Freud (1905) aveva avuto il grande merito di mettere in luce una concezione del bambino rivoluzionaria per il suo tempo, portando all’attenzione del mondo adulto l’importanza e la precocità delle relazioni oggettuali, l’influenza, sullo sviluppo, delle figure genitoriali e dell’ambiente di riferimento e, nel prendere in considerazione la prima infanzia, il tema dell’oralità emergeva naturalmente in primo piano.

Ci sono alcuni “mattoni”, punti fondanti nell’Opera di Freud, sui quali M Klein lavorerà per procedere nelle scoperte che il lavoro psicoterapeutico con bambini molto piccoli le suggeriva. Per l’elaborazione della posizione schizoparanoide e della posizione depressiva M. Klein si avvarrà del rilievo che Freud dà alle originarie identificazioni del melanconico con l’oggetto d’amore perduto quando, in accordo con il pensiero di Abraham (1912; 1924), Freud fa riferimento, per l’insorgere della melanconia, a processi di regressione a stadi originari dello sviluppo: allo stadio orale e allo stadio anale - stadio del sadismo - con una serie di considerazioni per le quali: gli auto rimproveri del melanconico sono i rimproveri contro l’oggetto perduto, precipitato sull’Io (Freud, 1915).

Spiega Freud che la scelta d’oggetto del melanconico è stata una scelta narcisistica e, con riferimento al pensiero di Abraham, afferma che la regressione dell’investimento oggettuale sia da riferirsi alla fase orale della libido, fase che per Freud appartiene al narcisismo.

Ma è proprio su ciò che accade alla nascita, nell’incontro del neonato con il primo oggetto di accudimento che lo nutre, che la Klein apporterà nel corso delle sue opere diversificazioni rilevanti rispetto all’opera di Freud (Klein, 1935-1940). Tali cambiamenti incideranno sulla concezione stessa del narcisismo e saranno oggetto di discussioni e accesi confronti, anche per la ricaduta che avranno sullo statuto di un’analisi infantile, sull’accesso della psicoanalisi alla cura di pazienti psicotici e sulla tecnica interpretativa. Ne elenchiamo brevemente tre:

1) l’esistenza di un Io sin dalla nascita emerge attraverso la descrizione di una vita fantasmatica che accompagna dalle origini, attraverso meccanismi introiettivi e proiettivi, la percezione e l’incontro con l’oggetto primario. Ciò dà luogo a un complesso mondo interno dotato di oggetti in relazione tra loro, che derivano dalle concrete esperienze di piacere e di dolore del bambino: oggetti parziali nella posizione schizo-paranoide, ma dotati di caratteristiche emozionali che daranno l’impronta agli oggetti totali al raggiungimento della posizione depressiva;

2) l’ipotesi di un primo, precocissimo stadio edipico;

3) la concezione dello sviluppo non attraverso stadi, ma attraverso posizioni: la posizione schizo- paranoide e la posizione depressiva, che ne costituisce il superamento, animano la vita fantasmatica del primo anno di vita del bambino, ma saranno potenzialmente presenti durante l’intero arco dell’esistenza.

Klein, Bion, i post kleiniani, partendo quindi dalla considerazione di un Io attivo sin dalla nascita e in interazione con l’oggetto di accudimento, fanno degli scambi relazionali con tale oggetto il motore dello sviluppo psico-fisico del neonato. Tali scambi hanno come principale evento reale e fantasmatico la nutrizione.

La psicoanalisi kleiniana, confortata anche dalle più recenti scoperte della neurobiologia, ci propone così un neonato proteso verso l’oggetto che lo accudisce e lo nutre, con un Io poco coeso, esposto a sensazioni molto intense e frammentate. Nei primissimi mesi di vita il piccolo percepisce anche l’oggetto in modo frammentato, ma molto presto le caratteristiche della madre che di lui si prende cura saranno conosciute e unificate nella percezione di essere in contatto con un unico oggetto che risulta a volte appagante, altre volte frustrante.

L’appagamento e il piacere che il neonato trae dalla nutrizione colorano la relazione e sono elementi fondamentali nell’attribuzione di caratteristiche di bontà all’oggetto. Si creano così le condizioni favorevoli ad interiorizzarlo nel mondo interno e ad accogliere il nutrimento che proviene dal seno.

Interessante il contributo su questi originari presupposti che darà Bion (1959) in Attacchi al legame, nel considerare la predisposizione innata nell’essere umano a concepire il legame tra un contenitore e il suo contenuto: tipicamente il capezzolo in bocca e il pene in vagina. Bion considera la concezione di questi legami come il prototipo di tutti gli oggetti mentali, rendendola quindi nozione centrale per lo sviluppo affettivo e cognitivo.

Le buone esperienze, l’incontro all’origine della vita con oggetti accudenti e soddisfacenti, la possibilità di costruire un legame con essi, costruiscono quindi una base solida per affrontare e superare gli ostacoli e le frustrazioni nel corso dello sviluppo, che porteranno inevitabilmente ad un’oscillazione tra sensazioni di maggior benessere, di integrazione del Sé – “sentirsi bene nei propri panni” – e sentimenti di non integrazione, di maggiore vulnerabilità.

Nei lavori del Focus emerge chiaramente come la carenza e\o la violenza di alcune esperienze con la realtà nell’incontro con gli oggetti primari, e la difficoltà ad accettare il nutrimento che essi propongono, rimanga spesso silente durante la prima l’infanzia. Sono le manifestazioni somatiche, quasi sempre con le caratteristiche di una pluralità di sintomi, a rilevarla.

Quando l’interiorizzazione di un oggetto cattivo non riesce a lasciare il posto ad una percezione della relazione più serena e realistica, come evidenzia anche M Klein nel descrivere le difficoltà a elaborare il passaggio dalla posizione schizo-paranoide alla posizione depressiva, la qualità affettiva dell’interiorizzazione potrà influenzare negativamente la relazione diadica. Si rivela allora molto utile nelle anamnesi indagare sulle vicende della nutrizione dai primi momenti di vita.

Queste importanti acquisizioni, scoperte attraverso il lavoro clinico, sono descritte nei lavori del Focus e si rivelano in sintonia con agli studi empirici nati all’interno dell’Infant Research che considerano centrali i primi scambi diadici per la formazione della mente umana. Ma in particolare nei primi scritti del Focus emerge, con la lettura di avvincenti storie cliniche, la necessità di effettuare interventi precoci, che possono anche avere la caratteristica della brevità, su sintomi di comportamenti disfunzionali prima che diventino ostacoli invalidanti nella crescita, e assumano la caratteristica di disturbi.

Concludendo, i disordini o i disturbi dell’alimentazione nella prima infanzia sono da considerarsi come significativi fattori di rischio, spie degli ostacoli più o meno rilevanti nell’affrontare un percorso di crescita evolutivo per lo sviluppo del Sé e delle relazioni con gli oggetti. Emerge chiaramente dal Focus che se gli ostacoli e le difficoltà delle relazioni tra il neonato e i genitori non vengono elaborati e ricomposti, potranno evidenziarsi successivamente, con la difficoltà a inaugurare quello stato di maggior quiete del lavoro identitario che Freud ha denominato fase di latenza e, con ancora maggiore probabilità, con l’esordio dell’adolescenza, alla pubertà.

Da questa rassegna teorico-clinica emerge, dunque, l’importanza del dialogo aperto tra la ricerca evolutiva e l’approccio psicodinamico e psicoanalitico, con l’obiettivo di poter comprendere con maggior chiarezza il ruolo degli scambi precoci e immaginare interventi clinici di matrice psicoanalitica per la coppia madre-bambino o per l’intero nucleo familiare. Interventi che potrebbero essere strutturati proprio a partire dalle fasi in cui comincia a costruirsi la mente infantile e possono comparire le prime forme di disturbi nel campo dell’alimentaziona.

Riassunto

I disturbi dell’alimentazione nella prima infanzia sono da considerarsi significativi fattori di rischio, spie degli ostacoli più o meno rilevanti nell’affrontare un percorso di crescita evolutivo, un armonico sviluppo del Sé del neonato nella relazione con gli oggetti. Emerge chiaramente dal Focus che se gli ostacoli e le difficoltà delle relazioni tra il neonato e i genitori non vengono elaborati e ricomposti, potranno evidenziarsi con sintomatologie più rilevanti nelle fasi successive della crescita. Dagli scritti della rassegna teorico-clinica emerge l’importanza del dialogo aperto tra la ricerca evolutiva, l’esperienza dell’osservazione e l’approccio psicoanalitico, con l’obiettivo di poter ulteriormente approfondire il ruolo degli scambi precoci e la messa a punto di interventi clinici di matrice psicoanalitica per la coppia madre-bambino o per l’intero nucleo familiare.

Parole chiave

Disturbi dell’alimentazione, scambi precoci, coppia madre-bambino, nucleo familiare.

Bibliografia

Abraham K (1912). Note per l’indagine e il trattamento psicoanalitici della follia maniaco-depressiva e di stati affini. Opere, vol. I. Torino: Boringhieri, 1997.

Abraham K (1924). Tentativo di una storia evolutiva della libido sulla base della psicoanalisi dei disturbi psichici. In: Opere, Vol. 1. Torino: Bollati Boringhieri, 1997.

Bion W R (1959). Attacchi al legame. In: Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico: saggi e riconsiderazioni. (1967) Trad. it., Roma: Armando, 1970.

Freud S (1905). Tre saggi sulla teoria sessuale. OSF: 4. Torino: Boringhieri, 1970.

Freud S (1915). Lutto e melanconia. OSF: 8. Torino: Boringhieri, 1976.

Klein M (1935). Contributo alla psicogenesi degli stati maniaco-depressivi. In: Scritti (1921-1958). Torino: Boringhieri, 1978.

Klein M (1940). Il lutto e la sua connessione con gli stati maniaco-depressivi. In: Scritti (1921-1958). Torino: Bollati Boringhieri, 1978.

Luisa Carbone Tirelli

Psicologa, Psicoterapeuta
Membro Didatta AIPPI con funzioni di Training
Codirettore di
Richard e Piggle

Indirizzo per la corrispondenza/

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Via Cardinal de Luca, 22

00196 Roma

E-mail: luisacarb9@gmail.com

1Il CAF è rivolto allo studio dei “Disturbi alimentari, nell’infanzia, nell’adolescenza e nell’età giovanile: valutazione diagnostica, fattori di rischio, lineamenti di intervento.” L’esperienza del CAF, iniziata nel 2021, dopo quattro anni di lavoro sta aprendo lo spazio all’attivazione di un master annuale sempre in “Sapienza”, che possa anche guidare gli allievi in esperienze di incontro con i pazienti in età evolutiva che soffrono di disturbi alimentari, all’interno di specifici contesti di tirocinio.